Ottobre 2017
“Ti ho chiamato per nome”
“…ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni” Is. 43,1. La vocazione è la prima parola che l’Arcivescovo ci ha consegnato all’inizio di questo nuovo anno pastorale. Vocazione per il profeta Isaia è chiamare per nome, è l’esperienza di un incontro, di una grazia che ci precede, di una gratuità di appartenenza. Mi chiama chi mi considera suo, prima ancora della mia risposta. Mi chiama per nome mia madre, perché mi ha generato; mi chiama per nome il maestro perché appartengo al suo gruppo-classe; mi chiama per nome l’educatore perché ha cura di me; mi chiama per nome l’amico perché cammina sulla mia stessa strada; mi chiama per nome il Padre perché mi ha pensato da sempre, mi ama da sempre e mi ha chiamato all’esistenza. La vocazione è atto di amore gratuito che precede la risposta dell’uomo; è il flusso vitale nel quale l’uomo scopre la sua identità, il senso della propria vita, il significato del suo impegno nella storia. La vocazione avviene nelle situazioni più svariate della vita e nei momenti più impensabili e sconvolge il chiamato perché lo sollecita ad una conversione, a un rincentrarsi su chi lo chiama: Il profeta Amos è chiamato mentre segue il gregge (Am.7,14-15): Abramo è chiamato a emigrare sulla parola di un Dio che non conosce (Gn.12,1); mentre perseguita i discepoli di Cristo per Saulo avviene lo sconvolgimento della sua vita che vedrà con occhi nuovi: quelli del Risorto (At.9,5ss); l’esattore delle imposte chiamato nello svolgimento del suo contestato lavoro (Lc.5,27): la fanciulla di Nazaret, di nome Maria, è chiamata nella normalità della vita quotidiana (Lc.1,30ss); durante la preghiera della comunità lo Spirito chiama i missionari del Vangelo (At.13,2). Anche nella vita dei Santi la vocazione segue la stessa dinamica: la sorprendente irruzione di Dio nella vita dell’uomo; così anche nella vita di ciascuno di noi. È motivo di letizia interiore fare memoria del momento in cui abbiamo avvertito la chiamata, abbiamo incrociato lo sguardo di Gesù che penetrava nel nostro mondo interiore, abbiamo sentito il posarsi della sua mano sulla nostra spalla che incoraggiava a prendere il largo. Quando qualcuno mi chiede: cos’è per te la vocazione, la mia risposta: l’esplosione della Grazia, dell’Amore di Dio che si manifesta nella vita di un uomo, di una donna che si vede coinvolto in una dimensione esistenziale superiore, oltre la natura umana, immerso in un mistero di cui percepisce solo qualcosa, ma trasformato, è investito di una missione non sua e molto più grande di lui. Cosa ha fatto la Grazia nella vita di Francesco d’Assisi? Ha trasformato un giovane ricco e promettente, in un fratello universale, cantore del creato, innamorato della povertà, con lo sguardo di Cristo crocifisso verso tutti. Quanto ha realizzato la Grazia nella vita nascosta di Teresa di Lisieux, insignificante per il mondo ma preziosissima davanti a Dio, sorella dei missionari, maestra di vita spirituale e dispensatrice di favori celesti: la pioggia di rose. Chi è chiamato, non è chiamato per se stesso, ma per gli altri. La vita diventa servizio al prossimo! Iniziamo il nuovo anno pastorale riscoprendo la nostra vocazione, alla vita, alla fede, al servizio nella Chiesa e nella comunità degli uomini. Assumere questa consapevolezza aiuta a guardare al futuro con più fiducia e più entusiasmo perché siamo coinvolti in una progettualità di grazia di cui siamo destinatari e collaboratori.
Buon Anno Pastorale!
Don Paolo
Anno Catechistico 2017-2018
ISCRIZIONI
Prime Comunioni 28 maggio 2017
Aprile 2017
… e la Vita serviva l’umanità!
“Conosco un’altra umanità …” sono parole di un noto gruppo di giovani cattolici che annunciano col canto la bellezza della vita nuova che il Risorto ci dona. Cristo Risorto ci genera a vita nuova, dal suo costato aperto sulla croce scaturisce per noi la sorgente della vita nuova: una sorgente di amore che genera amore e si concretizza nel servizio agli altri. L’umanità nuova è quella che si mette al servizio della vita, specialmente quando essa è fragile, indifesa, quando nasce e quando muore, riconoscendo sempre in essa la presenza dell’Autore della vita. L’umanità nuova è quella che sa vedere e fermarsi davanti alle sofferenze degli uomini, senza passare oltre. L’umanità nuova è quella che sa accogliere l’altro nella diversità della sua provenienza, della sua fede, della sua tradizione. L’umanità nuova è quella che non giudica, non condanna, non emargina, ma sa comprendere e integrare. L’umanità nuova è quella che sa guardare oltre e desiderare e impegnarsi per una nuova comunità degli uomini in cui la legge fondamentale è il servizio reciproco. Questa umanità nuova già vive nel nostro mondo e la nuova comunità degli uomini è possibile perché il Risorto l’ha inaugurata con la sua morte e resurrezione e ha dato e continuamente da ai suoi discepoli il suo Spirito d’amore. Liberiamo la nostra fede dall’abitudine, la nostra speranza dalla rassegnazione e la nostra carità dal formalismo. Liberiamo l’entusiasmo del nostro servizio all’annuncio del Vangelo. Come Pietro, gli Apostoli, dopo la Pasqua, anche noi non abbiamo nulla da dare, ma nel nome del Risorto aiutiamo gli uomini ad “alzarsi in piedi”.Il nostro augurio pasquale: siamo servitori della verità di Cristo per esseri servitori della libertà dell’uomo.
Buona Pasqua, ricca di speranza e di vita nuova!
Don Paolo
Pellegrinaggio Fatima e Santiago de Compostela
12 - 18 Agosto 2017
Il La nostra Parrocchia organizza, in occasione del centenario delle apparizioni della B.V. Maria a Fatima, un pellegrinaggio a Fatima e a Santiago. L'organizzazione è affidata all'Opera Romana Pellegrinaggi. Per le adesioni rivolgersi al Parroco.
Vi aspettiamo numerosi!
Don Paolo
Marzo 2017
Convertirsi nel quotidiano
Il nostro cammino quaresimale è vissuto nella quotidianità della nostra fede, che, in particolare in questo tempo liturgico, ci chiede trasfigurare le cose semplici e abitudinarie in manifestazioni della presenza di Cristo nella vita di ogni giorno. La conversione nel quotidiano consiste nella riscoperta di ciò che è essenziale, cioè, di ciò è significativo e da senso alla nostra vita e alle nostre relazioni, di ciò che aiuta noi e il prossimo a vivere la gioia della vita nella verità, nella giustizia e nella carità. “La fede con semplicità e naturalezza deve irrigare il quotidiano e per far questo abbiamo bisogno nelle nostre comunità di riscoprire una ferialità che talvolta perdiamo di vista… La motivazione pastorale è proprio questa: l’ordinarietà, la semplicità, la ripetitività della vita parrocchiale è la garanzia di una fede stabile e duratura. Con ciò non voglio mortificare slanci di creatività e di azione specie in ambito caritativo ma voglio indicarvi la ferialità della quale è permeato tutto il Vangelo. Ma quando e come il quotidiano cambia? Quando si fa un paragone tra la nostra vita e la proposta di Cristo che ci raggiunga attraverso la Chiesa. L’azione più semplice è messa in rapporto col Mistero”.(Mons. Filippo Santoro). L’esercizio quotidiano della fede si sostanzia di gesti semplici e concreti: l’accoglienza dell’altro, la condivisione del “pane”, la comprensione delle fragilità, l’attenzione ai bisogni, in altre parole, vivere con un cuore nuovo e con occhi nuovi. Papa Francesco per la Quaresima ci suggerisce di tenere davanti a noi l’icona evangelica di Lazzaro e dell’uomo ricco perché facciamo dell’amore verso il prossimo il criterio delle nostre scelte e del nostro agire quotidiano. Anche la nostra pietà popolare ci aiuta a centrare noi stessi sull’amore di Cristo, che, Crocifisso sulla croce, è innalzato nelle nostre Chiese e nelle celebrazioni quaresimali. Diamoci un percorso di vita spirituale per giungere a celebrare la Pasqua di Resurrezione come persone nuove. Mi permetto di suggerire: ascoltiamo di più la Parola di Gesù che parla nel Vangelo per ascoltare chi sta vicino; facciamo spazio nel nostro cuore ai fratelli bisognosi condividendo il “pane quotidiano”; scopriamo che la nostra lontananza dall’amore del Padre, peggio ancora il suo rifiuto, è la nostra povertà più grande; aiutiamoci a camminare insieme nella fiducia e nella speranza possiamo essere protagonisti di novità. Come opera di carità quaresimale, invito la Comunità Parrocchiale a sostenere generosamente l’iniziativa dell’Arcivescovo di dare un tetto ai senza fissa dimora nel palazzo Santacroce nella Città vecchia. Come segno visibile doteremo di un nuovo confessionale la nostra Chiesa nuova perché il sacramento della Riconciliazione sia celebrato in un luogo dignitoso e adeguato; conto sull’aiuto di tutti, secondo le possibilità di ciascuno.
Con l’entusiasmo della fede verso la Pasqua!
Don Paolo
Presepe Natale 2016
Buon Compleanno Don Paolo !!!
“06 Novembre 2016”
Un augurio speciale al nostro amato Parroco Don Paolo nel giorno del suo compleanno. Crediamo non ci sia cosa più bella che festeggiare insieme alla Comunità ed in particolar modo insieme ai bambini del Catechismo, dell'ACR e dell'Agesci.
Grazie Don per tutto quello che fai quotidianamente per noi !!!!!
Assemblea Parrocchiale 21 ottobre 2016
Streaming video S. Messa 01 ottobre 2016
Ottobre 2016
“Insegnare a chi non sa”
Con la riflessione su questa opera di misericordia spirituale si conclude il nostro percorso pastorale che ci ha visti impegnati non solo nell’approfondimento ma soprattutto nel fare delle opere di misericordia lo stile di vita del cristiano. Un tempo si ascoltava dalla bocca della saggezza popolare "nessuno nasce imparato", in altre parole, ognuno ha bisogno di essere istruito, informato, educato. Una relazione originaria è quella tra chi sa e chi non sa. I primi insegnanti sono i genitori che offrono ai figli l’abc della vita, dei primi passi; poi, i maestri di scuola e i maestri di vita. Quest’opera di misericordia evoca il bisogno naturale dell’uomo di essere edotto prima e guidato poi, a riconoscere se stesso e il mondo circostante e a imparare a relazionarsi positivamente con tutto ciò che è al di fuori di se stesso. Per questo è bene ricordare che l’insegnamento è comunicazione da animo ad animo con tutto quanto questa modalità si porta dentro. Una comunicazione paziente, graduale, libera e liberante che mira alla maturazione nella persona per scelte responsabili. Ahimè, purtroppo, un movimento di abdicazione all’insegnamento e all’’educazione ha preso il sopravvento a favore di una trasmissione nozionista e fredda di dati da conoscere e di competenze da acquisire per il controllo e la trasformazione dell’esistente, soltanto da una prospettiva privilegiata che ha poca familiarità con la promozione e lo sviluppo integrali della persona umana. Il beatro Paolo VI, per sottolineare questa finalità dell’insegnamento, affermava: “..non abbiamo bisogno di maestri, ma di testimoni”. E san Giovanni Bosco, già a metà ‘800, ricordava che “l’educazione è questione di cuore”. Siamo all’inizio di questo nuovo anno scolastico che richiama a tutti noi il dovere di saper essere autentici “insegnanti” delle nuove generazioni per favorire la crescita globale dei nostri ragazzi. Ma, quest’opera di misericordia sollecita i cristiani a farsi carico dell’ignoranza religiosa che imperversa nel nostro tempo che, condizionati dalla subdola tentazione dell’omologazione religiosa, vengono meno al dovere di essere annunciatori della verità, che è Cristo Signore, Figlio di Dio, fatto uomo per la salvezza di tutti gli uomini e ha affidato alla Chiesa di tutti i tempi, e, perciò, anche a noi, il compito di insegnare le verità di fede che sono la via che conduce a Dio.
Buon Anno Pastorale!
Don Paolo
Settembre 2016
Maggio 2016
“Sopportare pazientemente le persone moleste”
Sopportare pazientemente le persone moleste è un’opera di misericordia spirituale alquanto “fuori moda”. Il clima ricorrente delle relazioni interpersonali spesso è ispirato a violenza verbale, a insofferenza e intolleranza dell’altro. La molestia, oggetto di questa opera di misericordia, assume diverse connotazioni: la molestia di chi vuol imporre ad ogni costo la sua pretesa; l’invadenza di chi non rispetta la privacy altrui; l’aggressività di chi vuole affermare la propria opinione; e ciò che più fa pensare è che la molestia fa parte dello stile di vita di una persona. All’essere e all’agire della persona molesta, il cristiano è chiamato alla pazienza e alla sopportazione. L’apostolo Paolo nell’invitare a questa opera di misericordia la collega “ironicamente” alla follia da parte sua e alla saggezza del cristiano che sa andare oltre la stoltezza dell’altro: “Se soltanto poteste sopportare un po' di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate … Infatti voi, che pure siete saggi, sopportate facilmente gli stolti. In realtà sopportate chi vi rende schiavi, chi vi divora, chi vi deruba, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia” (1Cor 11, 1; 19-20). Quest’opera di misericordia è una modalità concreta per realizzare il comandamento dell’amore. La sopportazione e la pazienza hanno in Cristo Signore il modello di riferimento, Lui che ha sopportato su di Sé ogni genere di ingiustizia e ha portato su di Sé tutti i nostri peccati. Per questo l’apostolo esorta: “Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo”(Gal 6,2). Sopportare le persone moleste può essere un esercizio significativo della correzione fraterna nel farsi carico delle debolezze altrui.
“Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi” (Rm 15,1). Affidiamoci alla maternità di Maria Santissima in questo mese di maggio perché la sua testimonianza ci sproni ad essere accoglienti, pazienti e misericordiosi verso tutti.
Fraternamente
Don Paolo
Aprile 2016
“Consolare gli afflitti”
“Consolare gli afflitti”, un’opera di misericordia spirituale che esprime tutta la delicatezza, il coinvolgimento spirituale ed emotivo di cui un cristiano è capace. Consolare esprime la vicinanza a chi vive una condizione di sofferenza materiale o morale, evoca la capacità di incoraggiare chi sperimenta i dispiaceri della vita. Consolare l’amico, il fratello, la persona cara per ricuperare la fiducia. Nella Bibbia, Dio si rivela come il Dio consolatore del Popolo di Israele, assumendo i tratti di una madre che consola il figlio: “Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; a Gerusalemme sarete consolati”(Is. 66,13). La consolazione è la risposta alla dinamica ‘attesa-incontro’. In circostanze particolari, tu aspetti qualcuno che si ricordi di te, qualcuno che ti porga la mano, qualcuno che con il suo sguardo, la sua parola ti sollevi dalla tua prostrazione spirituale o morale. Tu aspetti qualcuno che con la sua mano sulla tua spalla ti aiuti a riprendere il cammino, qualcuno che ti faccia riacquistare il gusto della vita, della cose semplici. Allora, consolare è intercettare l’attesa dell’altro, incontrare le aspettative di chi ha bisogno solo di sentirsi dire: coraggio! La consolazione esprime la novità della vita cristiana, scaturita dalla Resurrezione di Gesù Cristo! Con la Pasqua il Risorto ci dona lo Spirito consolatore, la medicina del nostro animo nei momenti bui della vita. Il Risorto porta a compimento la missione per la quale è stato inviato “a promulgare l'anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti,” (Is. 61,2).Consolare dice tutta la delicatezza di cui un cristiano è capace, ma esprime soprattutto l’aver già sperimentato in prima persona la consolazione di Dio; per questo l’apostolo Paolo afferma: “Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio”(2Cor.1,4). Chi non sa consolare, non ha conosciuto la consolazione di Dio. In questo Anno Giubilare, uno dei volti della misericordia è la consolazione. Basta guardarsi attorno e subito ti accorgi di quante persone hanno bisogno di consolazione: chi vive nella sofferenza della solitudine e della malattia, chi è angosciato dalle precarie condizioni lavorative, chi stenta a relazionarsi in modo positivo con gli altri, chi guarda con scarsa fiducia al futuro. Per tutti è sufficiente un gesto, una parola, uno sguardo che sappia riannodare le reti del coraggio, della speranza. S. Ignazio di Loyola parla di consolazione dello spirito come dello stato di pace e di tranquillità interiore quando il cristiano ha posto Dio come principio e fondamento della propria vita. Questa è una delle mete raggiungibili se lasciamo operare in noi lo Spirito consolatore.
Il Tempo di Pasqua ci riporta ai primordi della vita della comunità cristiana. Gli Atti degli Apostoli, capolavoro pittorico dell’evangelista Luca, sono la continuazione dell’opera di Gesù Risorto mediante l’azione dello Spirito Santo, nel tempo della Chiesa. In questo tempo liturgico la testimonianza di vita dei primi cristiani diventa paradigma da imitare per i cristiani di tutti i tempi. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”(Gv.13,35). Nella parola di Gesù si radica l’invito a realizzare questa opera di misericordia spirituale: consolare gli afflitti.
Don Paolo
Marzo 2016
“Perdonare le offese”
«Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?» Mt.18,22. Una domanda che risuona come un macigno nell’animo del cristiano perché lo interpella e lo giudica sull’autenticità del suo rapporto con Cristo che ripete: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?» Lc. 12,14. Il Divino Maestro insegna: «… lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono». Mt.5,24. La domanda non può trovare risposta nel cuore dell’uomo assuefatto ad un falso rispetto umano, ad un’incomprensibile senso di giustizia vendicativa, nella bloccata capacità di andare oltre il torto subito. Allora, dove trovare il perché del perdono? «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Lc. 23,34. E’ il Signore Gesù che ci da l’esempio, perché Lui è la rivelazione del perdono del Padre; la sua morte in croce è il perdono del Padre all’umanità che continua a non sapere, a non volere l’esperienza della sua misericordia. Ma, potrai ancora chiedere: come vivere l’esperienza del perdono per poter perdonare il fratello che ti ha offeso? Nell’incontro con lo sguardo, gli occhi, il volto amorevole di Gesù che fissa nell’intimo ogni uomo. «Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente». Lc.22,61s. Pertanto, tu che leggi, abbi il coraggio di alzare il capo e guarda in profondità il tuo fratello, penetra con il tuo sguardo il suo cuore, e riconciliati con lui, ristabilisci il tuo legame di fraternità e sperimenterai cosa significhi risorgere a vita nuova. Avrai guadagnato il tuo fratello! E gli avrai dato l’opportunità di ricominciare a sperare. Perché un volto rabbuiato tradisce inquietudine interiore, uno sguardo luminoso diffonde serenità e pace. E’ bello incontrare persone che si parlano con gli occhi, ciò rende più semplice ed efficace la comunicazione reciproca, e quando si tratta di donarsi il perdono, questo sgorga spontaneo e naturale dal cuore di ognuno e unisce sempre più le persone in un canto di amore e di libertà. Non ti capiti, però, di essere chiuso nel tuo torto subito, e non accolga il dono che ti vien fatto. Sì, perché talvolta, si è più disposti a perdonare che a farsi perdonare. Ciò accade a chi incontra il Signore Gesù: chi accoglie il suo amore, la sua misericordia, se ne va rinnovato interiormente e risorge a vita a nuova; chi si chiude nella propria superbia, nella propria sicurezza, se ne va triste, finanche alla disperazione. Per questo l’opera di misericordia rende quotidiana la novità della Pasqua del Signore. Ogni giorno è Pasqua nella misura in cui rendiamo concreta la misericordia. In questo secondo tratto del cammino quaresimale, intensifichiamo il nostro impegno a crescere nell’amore di Dio e nell’amore del prossimo, facendo nostro l’insegnamento e l’esempio di Papa Francesco nel fare delle opere di misericordia corporale e spirituale un stile nuovo della nostra vita cristiana. La Settimana Eucaristica ci aiuterà a fare l’esperienza dell’amore di Cristo che si fa nostro cibo spirituale e nostro compagno di viaggio; in Lui e con Lui potremo essere capaci di instaurare un ordine nuovo nelle relazioni interpersonali porgendo per primi la nostra mano al fratello e donargli il perdono qualora fosse stato causa di dispiacere o di offesa..
Con l’entusiasmo della fede verso la Pasqua!
Don Paolo
Febbraio 2016
Visitare gli infermi, visitare i carcerati.
La fragilità fisica e quella morale ci interpellano e ci spingono a riflettere sul senso della vita e sulla posta in gioco delle nostre scelte quotidiane. Da sempre ho considerato tre luoghi e tre condizioni di vita come possibilità per operare un serio discernimento nella propria vita, quando le cosiddette crisi sembrano prendere il sopravvento, e precisamente: l’ospedale, il carcere, il camposanto. Sono tre condizioni che ci riconducono all’essenziale, alla verità di noi stessi. Pertanto, sono tre condizioni che esigono la solidarietà di chi sta vicino; una solidarietà che è espressione della tenerezza del cuore. Un cuore che si ferma e si fa coinvolgere dalla sofferenza per essere non solo di conforto ma per dare fiducia e speranza. Dietro la separazione di sbarre, di vetri acustici, di ampi tavoli, ci sono sempre occhi che invocano comprensione, perdono, fiducia; c’è sempre un cuore che desidera riprendere a battere per qualcuno dal quale si è riconosciuti e amati. Tra le opere di misericordia con le quali Gesù identifica se stesso: “…malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” Mt. 25,36. Il volto sfigurato del malato e il volto deturpato del carcerato diventa il volto del Figlio prediletto del quale il Padre si compiace. Di fronte a tanta misericordia, il nostro grazie e l’esultanza del nostro spirito perché il Padre Celeste non si stanca mai della sua creatura e la solleva teneramente a Sé. Incontrare un malato è farsi prossimo alla sua fragilità, fermarsi a fasciare le ferite della sua malattia, versare l’olio dell’amicizia e della fraternità. Nel visitare un malato è più quello che si riceve, che quello che sì dà. Sembra paradossale, ma questa l’economia della fede e della grazia; mentre diamo qualcosa, riceviamo in maniera centuplicata. L’autore del Siracide raccomanda: “Non esitare a visitare un malato perché per questo sarai amato” Sir. 7,35. Si apre davanti a noi il tempo sacro e propizio della Quaresima; lasciamoci guidare da Papa Francesco che ci dice: “Per tutti, la Quaresima di questo Anno Giubilare è dunque un tempo favorevole per poter finalmente uscire dalla propria alienazione esistenziale grazie all’ascolto della Parola e alle opere di misericordia. Se mediante quelle corporali tocchiamo la carne del Cristo nei fratelli e sorelle bisognosi di essere nutriti, vestiti, alloggiati, visitati, quelle spirituali – consigliare, insegnare, perdonare, ammonire, pregare – toccano più direttamente il nostro essere peccatori. Le opere corporali e quelle spirituali non vanno perciò mai separate. È infatti proprio toccando nel misero la carne di Gesù crocifisso che il peccatore può ricevere in dono la consapevolezza di essere egli stesso un povero mendicante”..
Buona Quaresima !
Don Paolo
Gennaio 2016
Consigliare i dubbiosi – ammonire i peccatori !
Due opere di misericordia spirituale che evocano l’attenzione al prossimo nell’esercizio non solo di un dovere morale ma di un’esigenza spirituale di aiuto e di correzione fraterna. Chi è il dubbioso? E’ colui che vive in una condizione di incertezza che non gli consente di avere una visione chiara della realtà circostante, incapace, pertanto, di opere delle scelte serene e responsabili. Il dubbioso vive nell’incertezza è esposto ad ogni rischio, in continuo stato di agitazione e di angoscia. Ancora di più pesa tale condizione in un contesto culturale in cui i riferimenti valoriali spesso sono appannati e indeboliti dal relativismo diffuso. A tante verità, ad altrettante possibilità non corrisponde un esercizio concreto della libertà. Consigliare i dubbiosi: aiutare il prossimo ad un sereno discernimento perché sappia comprendere qual è la volontà di Dio, aderirvi con spirito di fede e operare le scelte secondo retta coscienza. Ammonire i peccatori trova il fondamento biblico nella correzione fraterna; un’opera di misericordia tanto necessaria, ma di frequente disattesa a causa di una falsa interpretazione del rispetto umano, della libertà dell’altro. Il comando biblico della correzione fraterna è perentorio, perché ne risulterebbe compromessa la salvezza del fratello e nello stesso tempo si resterebbe coinvolti nella responsabilità morale delle conseguenze dell’agire peccaminoso. Sono tanti i riferimenti biblici in tal senso, ma è soprattutto la testimonianza dell’apostolo Paolo a stimolarci in quest’opera di misericordia. In At 20,31 “Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi”. Non trascuriamo di compiere queste opere di misericordia spirituale perché c’è bisogno di far luce a tanti fratelli disorientati e indirizzarli sulla via della verità e del bene. Ne avremo grande merito.
Auguri per un sereno e fecondo 2016!
Don Paolo
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Dicembre 2015
Vestire gli ignudi…Alloggiare i pellegrini!
Entriamo nel clima natalizio entusiasmati dal tempo liturgico dell’Avvento: attesa di Colui che è il Veniente, di Colui che si fa prossimo, vicino ad ogni uomo. La spiritualità dell’Avvento si colora delle tinte del vigilare, dello scrutare, del gioire e del custodire. Davanti a noi si apre un percorso meraviglioso: mi piace pensare ad un bimbo al quale viene annunciato l’arrivo di un grande dono, per cui, subito corre a preparare la sua stanza e scruta il posto più bello dove collocare il dono; col trascorrere dei giorni la sua gioia per l’imminenza del dono si fa incontenibile, allarga il suo cuore per custodire gelosamente, non egoisticamente, il Dono, da mostrare e condividere con i suoi cari ed amici. In questo percorso vi è una sosta consolante e corroborante: la festa della Immacolata Concezione di Maria. Quest’anno, in quello stesso giorno, Papa Francesco aprirà la Porta Santa per il Grande Giubileo della Misericordia. Come prima opera di misericordia suggerisco a tutta la Comunità parrocchiale un gesto di carità, ciascuno secondo le opportunità che gli si presentano: vestire gli ignudi e alloggiare i pellegrini. Anche Maria non trova rifugio a Betlemme. Con Giuseppe sperimenta il rifiuto degli uomini e la precarietà della sua condizione per far nascere in maniera dignitosa il suo Bambino. L’evangelista Luca racconta: ”Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio” Lc.2,7. Oggi l’ignudo è colui che manca di beni essenziali per condurre una vita degna di questo nome; il pellegrino, colui che vive quotidianamente nella precarietà del lavoro, della casa, della méta agognata ma sempre più lontana. Basta aprire gli occhi: atteggiamento tipico della spiritualità dell’Avvento, e ti accorgi di quanti vicino a te vivono in simili condizioni. Anche oggi il Bambino Gesù continua a nascere non in casa, ma in rifugi di fortuna, continua ad essere avvolto in fasce, senza le dovute attenzioni che sono prestate ad un neonato. Se non vogliamo un Natale di retorica, un acquietare la nostra coscienza con il classico “pacco-dono”, le opere di misericordia corporali indicate ci fanno uscire da noi stessi, ci rendono inquieti, ci fanno diventare prossimo di chi è nel bisogno, ci fanno alzare gli occhi al cielo e ammirare la stella cometa che non cesserà di brillare sulla nostra vita, di guidare il nostro cammino e di infiammare il nostro cuore.
Santo Natale e Buon Anno !!!
Don Paolo